Nell’epoca in cui la cultura è ridotta ad un post su Instagram, si fa sempre più arduo discernere tra il visitatore genuino e quello effimero. L’ondata di selfie ai musei, favorita da influencer come la Ferragni con il suo scatto iconico presso gli Uffizi, ha spalancato le porte ad una domanda cruciale: abbiamo davvero bisogno di “tanti” visitatori o, piuttosto, di “buoni” visitatori?
I musei sono da sempre stati considerati templi della conoscenza, luoghi in cui arte, storia e cultura si fondono in una danza silenziosa ma estremamente eloquente. Sono spazi pensati per arricchire l’animo, dove il visitatore dovrebbe abbandonarsi alla contemplazione, lasciandosi guidare dal desiderio di apprendere e comprendere. Ma nella società contemporanea, dove la rapidità di condivisione prevale sull’autenticità dell’esperienza, la vera essenza dei musei rischia di essere soffocata.
Il fenomeno del ‘turismo da selfie’ non è nuovo. Tuttavia, la sua crescita esponenziale negli ultimi anni è stata alimentata da un sistema culturale che privilegia i numeri. La corsa ai ‘like’, al riconoscimento virale, ha avuto un impatto devastante sulla qualità dell’esperienza museale. Il visitatore medio, pur di catturare la foto perfetta per i social media, tende a tralasciare l’approfondimento, l’immersione nell’arte. La dichiarazione “io c’ero” ha surclassato il desiderio genuino di “io ho compreso”.
La Ferragni, per quanto icone del nostro tempo, non dovrebbe essere colpevolizzata per un trend che riflette una problematica più ampia e radicata. L’errore sta nel sistema che premia il visitatore effimero, il turista dell’apparenza, piuttosto che valorizzare chi desidera vivere un’esperienza autentica.
Abbiamo realmente bisogno di musei stracolmi se il prezzo da pagare è un degrado dell’esperienza culturale? Non sarebbe preferibile avere visitatori che entrano in un museo con la voglia di lasciarsi trasportare dalla bellezza, piuttosto che da un’ossessione per il riconoscimento digitale?
È fondamentale che le istituzioni culturali, i curatori e gli addetti ai lavori, riflettano su questo dilemma. Promuovere iniziative che incoraggiano una visita consapevole, approfondita, potrebbe essere un primo passo verso una rivoluzione culturale autentica.
Altrimenti, i musei rischiano di diventare nient’altro che sfondi pittoreschi per un pubblico più interessato all’immagine che alla sostanza. E sarebbe un peccato imperdonabile perdere il vero valore di questi inestimabili tesori della nostra cultura.