Venezia, con i suoi canali che serpeggiano come vene attraverso il cuore pulsante della città, nasconde tra le sue brume storie che attendono di essere svelate. Oltre i consueti itinerari, dove i passi dei turisti riecheggiano sulle pietre consumate, vi sono angoli di quiete dove il tempo sembra essersi fermato, e ogni pietra, ogni finestra, racconta un capitolo dimenticato della storia veneziana.
In uno di questi percorsi meno battuti, nel sestiere di Cannaregio, dove l’eco dei passi di Marco Polo sembra ancora aleggiare tra le calli, mi sono imbattuto nel Palazzo Mastelli, noto anche come Palazzo del Cammello. La sua facciata, che si specchia nelle acque quiete del rio della Madonna dell’Orto, è un palinsesto di epoche e stili che si fondono in un’armonia silenziosa.
Il bassorilievo di un cammello, che ha dato il soprannome al palazzo, è solo l’inizio di un viaggio attraverso il tempo. La struttura, risalente al XII secolo, è stata testimone di innumerevoli rimaneggiamenti, ciascuno lasciando il proprio segno, come le pagine di un libro che si sovrappongono senza mai cancellarsi del tutto.
Il piano superiore, con la sua polifora in stile tardo gotico, è un trionfo di pietra d’Istria e broccatello rosa di Verona, decorato con patere bizantine e motivi floreali che narrano di un’epoca in cui Venezia era il crocevia del mondo conosciuto.
Al primo piano, il rinascimento lombardesco si manifesta in tutta la sua eleganza, con un’ara romana riutilizzata come colonna angolare, testimoniando l’ingegnosità di un popolo che sapeva come adattare la bellezza del passato alle esigenze del presente.
La fontanella in stile arabo, che ancora oggi si trova alla base del palazzo, è un ricordo tangibile dell’origine dei mercanti che lo fecero erigere, un omaggio alla loro terra lontana e un segno di ospitalità per i gondolieri che vi passavano.
I tre fratelli Mastelli, Rioba, Sandi e Afani, mercanti di Morea, sono le figure enigmatiche al centro di questa storia. La loro ricchezza, forse accumulata nei catini colmi di denaro, è diventata leggenda, tanto da influenzare il nome stesso del loro palazzo.
Le statue nel Campo dei Mori, che ritraggono i tre fratelli e il loro servitore, sono un ponte tra passato e presente, come guardiani di pietra che osservano il mondo cambiare senza mai abbandonare il loro posto.
E poi c’è il naso di metallo, un dettaglio curioso che si è trasformato in un talismano per i veneziani e i visitatori: toccarlo dovrebbe portare fortuna negli affari. La sua scomparsa e il successivo ritrovamento aggiungono un altro strato di mistero e fascino a questo luogo già ricco di storie.
Infine, la leggenda dell’amore non corrisposto, che vede un mercante orientale incidere l’immagine di un cammello sulla facciata del palazzo nella speranza che la sua amata, rimasta in patria, possa un giorno riconoscere la sua dimora e raggiungerlo. Una storia che, vera o no, si intreccia perfettamente con l’atmosfera di sogno e realtà che solo Venezia può offrire.
In questo labirinto di pietra e acqua, ogni angolo nascosto, ogni dettaglio architettonico, è un invito a perdersi per ritrovare, in un viaggio senza tempo, la vera essenza di una città senza eguali.