Nel centro storico di Firenze, all’interno delle venerabili mura del Museo del Bargello, si trova un tesoro d’arte di inestimabile valore: la “Resurrezione di Cristo” di Andrea del Verrocchio. Quest’opera emblematica del Rinascimento italiano continua a essere un capolavoro, nonostante il suo stato di conservazione non ideale. La sua mancata presenza alla mostra “Verrocchio, il maestro di Leonardo” a Palazzo Strozzi, che si è conclusa il 14 luglio 2019, ha rappresentato una significativa perdita per gli amanti dell’arte e gli studiosi.
Il rischio connesso al trasporto dell’opera, data la sua fragilità, ha reso la decisione di non spostarla saggia ma dolorosa. È impossibile non pensare al destino del bassorilievo “L’uccisione di Priamo” di Antonio Canova, che venne irreparabilmente danneggiato durante il trasporto per una mostra. Queste situazioni evidenziano l’importanza critica della conservazione nel contesto museale, un argomento sempre attuale nei dibattiti sulla gestione delle opere d’arte storiche.
Nonostante ciò, per chi desidera approfondire la conoscenza dell’universo artistico di Verrocchio, la visita al Museo del Bargello diventa essenziale. Conosciuto come maestro di Leonardo da Vinci, Verrocchio ha esercitato un’influenza duratura nel mondo dell’arte, formando generazioni di artisti che hanno perpetuato il suo spirito innovativo.
La “Resurrezione di Cristo”, scoperta all’inizio del XX secolo e restaurata nonostante fosse stata ritrovata in numerosi frammenti, offre una rappresentazione unica. Al centro, il Cristo risorto è circondato da angeli, con guardie romane che, secondo il racconto apocrifo degli Atti di Pilato, sono testimoni del miracolo. Questa interpretazione diverge dalla tradizione che vede le guardie addormentate, un dettaglio rispettato, per esempio, da Luca della Robbia nel suo rilievo per il portale di Santa Maria del Fiore.
Potrebbe essere che Verrocchio si sia ispirato alla lunetta di Della Robbia, ma l’intensità emotiva della sua terracotta smaltata, evidente soprattutto nel viso angosciato di un soldato svegliato, dimostra una profonda capacità di catturare momenti umani estremi di fronte al divino e all’incomprensibile.
Questa analisi non solo mette in luce la maestria artistica di Verrocchio ma anche il potenziale impatto che la “Resurrezione di Cristo” avrebbe potuto avere nella mostra di Palazzo Strozzi. Se fosse stata inclusa, questa opera avrebbe sicuramente arricchito l’esposizione, aggiungendo un ulteriore livello di profondità e contesto storico-artistico. La capacità di Verrocchio di fondere tecnica scultorea e narrativa emotiva in un unico frammento di terracotta avrebbe offerto ai visitatori non solo una lezione di storia dell’arte, ma una finestra aperta sull’epoca del Rinascimento fiorentino, influenzando percezioni e dialoghi critici.
Mentre l’opera continua a vivere a Firenze, offre ai visitatori non solo una visione, ma un’esperienza che invita alla riflessione sul potere dell’arte di evocare emozioni profonde e universali. Ogni dettaglio dell’opera, dalla espressività dei volti alla dinamica delle figure, è un testimone muto del genio di Verrocchio che continua a parlare attraverso i secoli. La presenza tangibile del divino e dell’umano si intreccia, spingendo l’osservatore a riflettere sulla propria esistenza e sulle grandi questioni della vita e della morte.
In definitiva, la “Resurrezione di Cristo” di Andrea del Verrocchio rimane un punto focale per chiunque sia interessato al Rinascimento e all’impacto di questo maestro eccezionale. L’opera è una fonte continua di ispirazione e testimonia l’innovazione e la passione che hanno definito un’era di straordinaria ricchezza artistica. Per gli amanti dell’arte, studiosi e visitatori, il lavoro di Verrocchio rimane un simbolo potente del talento e della creatività che hanno fiorito in Italia durante il Rinascimento, un periodo che ha plasmato il corso della storia dell’arte occidentale.