La pittura di genere, nota anche come “scene di genere”, ha sempre avuto un fascino particolare. Questo stile mette in luce momenti della vita quotidiana: dalle feste di paese ai semplici interni domestici, dalla vita nei mercati ai campi agricoli. Pur essendo spesso relegata in una posizione “minore” rispetto alla ritrattistica o ai grandi temi mitologici e sacri, ha una forza narrativa ineguagliabile.
Nel Rinascimento, sia l’aristocrazia che la Chiesa guardavano con sospetto a questo genere.Tuttavia, con l’ascesa della borghesia e l’emergere della classe dei mercanti nel XVI secolo, soprattutto nei Paesi Bassi, la pittura di genere trovò il suo pubblico.
Un tema affascinante e leggermente macabro tra questi è quello dei Cavadenti. Si pensa che il primo a toccare questo soggetto sia stato Lucas Van Leyden nel 1523, con una dettagliata incisione. Non molto dopo, Johann Liss si ispirò a Leyden, dando vita a dipinti che ricalcavano strettamente il design originale.
Il grande Caravaggio, noto per le sue intense immagini sacre ma anche per le vivide rappresentazioni di vita quotidiana in ambienti come taverne, ha lasciato il segno con “Il Cavadenti”. Questa opera ha influenzato numerosi artisti fiamminghi, tra cui Theodor Rombouts, che ha prodotto una versione simile ora esposta al Museo del Prado.
Con il passare del tempo, queste rappresentazioni hanno acquisito sfumature diverse. Per esempio, i dipinti di Jan Miense Molenaer e Gerrit Dou mostrano Cavadenti in un contesto quasi professionale. In particolare, Dou ritrae un ambiente che ricorda un antico laboratorio di barbiere e chirurgo, rimarcando il legame storico tra barbieri e piccoli interventi chirurgici, come le estrazioni dentali.
L’ultima opera che desidero menzionare è quella di Pietro Longhi. In questo dipinto, ogni personaggio è assorto nelle proprie azioni, creando un’atmosfera quasi teatrale. La presenza di una scimmia, maschere e una nana che acquista frutta aggiunge un tocco surreale all’opera, e la posa del cavadenti ricorda l’atteggiamento dei venditori di elisir nelle fiere.
Un piccolo excursus storico: dai tempi medievali, ai barbieri erano affidate molteplici attività, dall’estrazione dei denti ai salassi. Esistevano diverse categorie di barbieri, ognuna con un’abilità specifica, dal taglio dei capelli alla chirurgia.
Se ci fermiamo un attimo a considerare il ruolo dei Cavadenti, ci rendiamo conto che avevano origini molto più umili di quanto potremmo pensare. In effetti, la professione del cavadenti era strettamente legata a quella del barbiere. Durante il Medioevo e il Rinascimento, non esistevano dentisti come li concepiamo oggi. L’arte dell’estrazione dentale era spesso nelle mani dei barbieri, che oltre a tagliare barba e capelli, svolgevano una serie di funzioni mediche rudimentali.
Questo legame tra i due mestieri era dovuto principalmente alla mancanza di una formazione medica specialistica e alla necessità di avere professionisti a basso costo che potessero svolgere queste funzioni. Ma cosa significava tutto ciò per il paziente? Beh, immaginate di sedervi sulla sedia del barbiere non solo per una rasatura, ma anche per un’estrazione dentale, spesso eseguita con strumenti rudimentali e senza anestesia adeguata.
La percezione dei cavadenti come ciarlatani o imbonitori aveva le sue radici. Molti erano poco più che improvvisati, privi delle competenze necessarie e si affidavano più all’esperienza pratica che a una reale formazione. Il dolore, le infezioni e talvolta complicanze più gravi erano una realtà per i pazienti di questi “specialisti”. È per questo motivo che nell’immaginario popolare nasce e si consolida l’associazione dei cavadenti con l’inganno e l’inaffidabilità, come illustrato dal detto “bugiardo come un cavadenti”.
Concludendo, il tema dei Cavadenti non è solo una rappresentazione artistica, ma offre anche uno sguardo ironico sulla società dell’epoca, rivelando le sfaccettature umane in un miscuglio affascinante tra realismo e finzione, e sottolineando l’infinita profondità e varietà del mondo dell’arte.