Il 27 dicembre, quando la luce del Natale non si è ancora affievolita, la Chiesa commemora un altro luminare: San Giovanni Apostolo ed Evangelista. Una figura centrale nel cristianesimo, egli è l’archetipo dello scriba divino, l’intermediario che ha portato a noi la Parola attraverso il suo Vangelo e l’Apocalisse. Ma come si distingue questa figura venerabile nelle rappresentazioni artistiche? Per il non esperto, l’identificazione potrebbe non essere immediata, ma ecco dove entrano in gioco gli attributi iconografici.
Ogni santo ha il suo linguaggio simbolico, e nel caso di San Giovanni, gli elementi che fungono da suoi distintivi sono peculiari: l’aquila, il libro e il serpente che emerge da un calice. L’aquila simboleggia la sua elevata spiritualità e l’acume teologico, rappresentando il cielo che tocca la Terra attraverso la sua penna. Il libro è un riferimento ovvio al suo ruolo di Evangelista, un testimone che ha codificato la vita e gli insegnamenti di Cristo. E poi c’è il serpente in un calice, un rimando alla leggenda secondo cui Giovanni sopravvisse a un tentativo di avvelenamento, mettendo in evidenza il suo status di essere divinamente protetto.
In quest’arte sacra, la somiglianza fisica cede il passo ai simboli. Non è il volto dell’uomo che conta, ma ciò che egli rappresenta. Il ritratto non è un calco della sua fisionomia, ma un’icona dei suoi attributi e delle sue virtù.
Tra gli artisti che hanno immortalato San Giovanni, troviamo nomi illustri come Vladimir Borovikovsky, El Greco, Alessandro Turchi e Badalocchio Sisto. Ognuno di loro ha offerto un contributo unico alla narrazione iconografica del santo. Ad esempio, l’opera di Badalocchio Sisto presenta un Giovanni giovane, quasi giovanile, nonostante il momento dell’Apocalisse sia collegato a un’età avanzata della sua vita. Un’anacronismo deliberato, certo, ma un esempio fulgido di come l’arte sacra si conceda delle licenze per enfatizzare determinati aspetti del sacro.
In particolare, il giovane Giovanni di Badalocchio sembra esprimere l’eterna giovinezza dello spirito, la freschezza della rivelazione divina che non invecchia mai, anche quando il corpo terreno cede al tempo. È un contrasto intrigante, una piccola ma potente deviazione che ci fa riflettere sul concetto di eternità e sull’inesorabile fluire del tempo nella vita mortale e immortale.
E così, attraverso l’uso degli attributi e la creatività artistica, San Giovanni Apostolo ed Evangelista continua a vivere nelle tele e negli affreschi, un’icona eterna che parla tanto al devoto quanto all’amatore d’arte, collegando generazioni di fedeli nella sua eterna narrazione di fede e redenzione.