In questa nostra era digitale, si assiste a un fenomeno curioso e inquietante: la scelta consapevole di immergersi nell’effimero, preferendo la superficie scintillante dell’apparire all’abisso profondo del pensiero. Sulle onde di Facebook, questo specchio delle nostre verità nascoste, ci confrontiamo con il perpetuo dilemma dell’intelletto umano. Ma, al di là di questo mare digitale, il dilemma si estende alla nostra cultura stessa.
Consideriamo, per esempio, programmi televisivi come il Grande Fratello. La loro peculiare natura non sta tanto nella volgarità o nella banalità, ma piuttosto in un certo vuoto comunicativo. È come se assistessimo a una pittura surrealista della comunicazione: le parole si svuotano di senso e sostanza, trasformandosi in una cascata di suoni privi di significato. Questo è il riflesso di una società in cui l’essenza del dialogo viene soffocata dalla priorità data all’apparire.
Questa scelta di rifugiarsi nell’effimero, tuttavia, non è tanto un segno di ignoranza quanto una deliberata opzione per la comodità, per evitare il confronto con se stessi. Si vede questo fenomeno anche nella letteratura, dove libri destinati agli adulti vengono scritti con una semplicità quasi infantile. Questo riflette un desiderio di non allontanarsi da una realtà rassicurante, benché superficiale.
Tuttavia, vi sono segnali che indicano una sete inestinguibile per qualcosa di più profondo e significativo. Prendiamo, ad esempio, il successo di opere letterarie che, contro ogni aspettativa, raggiungono e coinvolgono il pubblico, sfidandolo intellettualmente. Questi successi dimostrano che esiste ancora un desiderio di approfondire, di interrogarsi, un bisogno di cultura che, sebbene possa sembrare soffocato dall’intrattenimento banale, in realtà continua a bruciare come una fiamma sotto la cenere.
In questo contesto, il ruolo di artisti, scrittori, critici diventa un compito di speranza e coraggio. È nostro dovere credere nel potenziale dell’umanità, nel suo bisogno intrinseco di bellezza e profondità. Dobbiamo trattare il pubblico con rispetto, offrendo opere che stimolano la mente e l’anima, anziché accontentarci di pietanze culturali leggere e di facile consumo. In questo modo, la cultura non solo sopravvive, ma può effettivamente trionfare, illuminando come una luce nell’oscurità dell’ignoranza volontaria.