Quando si parla di “concetto spaziale”, la mente corre subito ai celebri “tagli” di Lucio Fontana, un’icona che ha segnato profondamente l’immaginario collettivo, anche di coloro che non sono assidui frequentatori del mondo dell’arte. Questo termine, ampiamente discusso e analizzato dai critici, allude – in termini estremamente semplificati – al tentativo dell’artista di esplorare dimensioni oltre la superficie pittorica, di cercare spazi alternativi per estendere l’esperienza artistica oltre i confini della tela.
Senza soffermarmi eccessivamente su Fontana, né entrare nel dibattito su di lui, desidero invece concentrarmi su come, in epoche precedenti all’avvento dei suoi famosi “tagli” o “buchi”, altri artisti abbiano esplorato questo “oltre” della tela, seppur con metodi differenti.
Il mio interesse si focalizza sull’uso della finestra nell’arte, un elemento dal significato profondo e dalle molteplici implicazioni. La finestra, sia essa aperta o chiusa, suggerisce l’esistenza di un “dentro” e un “fuori”, che simbolicamente rappresentano rispettivamente il privato e il pubblico. Approfondendo questo concetto, si potrebbe interpretare l’esterno come un ambito ignoto e potenzialmente insidioso, mentre l’interno rappresenta il familiare, il conosciuto, il sicuro.
In questa breve disamina, propongo un’analisi di alcuni dipinti e fotografie, selezionati per dimostrare come la finestra sia stata impiegata in diversi modi: da quelle che si aprono su paesaggi completando la scena, a quelle che introducono la luce, illuminando il soggetto ritratto; da finestre che enfatizzano le prospettive, a quelle che suggeriscono una fuga verso un esterno misterioso.
Nel “Venere con suonatore di liuto” di Tiziano Vecellio, la finestra funge da quinta teatrale. Il tendaggio aperto rivela un paesaggio che diventa punto di fuga visivo, senza creare una contrapposizione tra interno ed esterno. In questa opera, la prospettiva è armonizzata in un equilibrio ideale, dove ogni piano ha pari importanza.
Lorenzo di Credi, nella sua “Annunciazione”, utilizza una finestra ben definita per estendere la prospettiva e circoscrivere l’ambiente, isolandolo dall’esterno e ordinando la scena.
Nel “San Bernardino risana una fanciulla” di Pietro Perugino, il paesaggio sullo sfondo, incorniciato da colonne e un arco, esalta l’architettura rinascimentale, sovrastando le figure umane e guidando lo spettatore verso l’infinito.
Diversamente, in “Donna che legge una lettera davanti alla finestra” e “Donna che scrive una lettera alla presenza della domestica”, entrambe di Jan Vermeer, la finestra non serve per “uscire”, ma per “portare dentro” la luce, che a sua volta crea atmosfera e racconta stati d’animo.
Donna che legge una lettera davanti alla finestra
Donna che scrive una lettera alla presenza della domestica
Concludendo con Jan Saudek, che ha spesso utilizzato la finestra del suo studio come sfondo delle proprie scene, si evidenzia come il desiderio di esplorare l’oltre, di evadere dalla realtà, non sia limitato da tempo o tecnica.
Questi esempi dimostrano che l’innovazione dei “tagli” di Fontana non era un gesto isolato, ma l’apice di una ricerca artistica secolare, volta a esplorare e rappresentare ciò che sta oltre la superficie visibile.
Donna che si allaccia il corpetto vicino a una culla