In quella fredda mattina di marzo del 2017, mentre le strade di Milano si destavano lentamente sotto un cielo plumbeo, mi trovavo avvolto in un’atmosfera di intima riflessione presso la Galleria d’Arte Moderna. La mostra “100 anni Scultura Milano 1815-1915” era un viaggio attraverso il tempo, un omaggio alla scultura, che catturava l’essenza dell’arte in ogni sua forma, dal marmo al bronzo, dal legno al gesso. Le statue, alcune famose, altre meno note, sembravano conversare tra loro, ognuna raccontando la propria storia unica.
Tra queste, una in particolare mi colpì: “Il primo bagno al lido” di Quintilio Corbellini, un’opera del 1873 che catturava la gioia e l’innocenza di un momento fugace. Non era tanto la statua in sé a incantarmi, quanto piuttosto l’effetto prodotto dalla illuminazione che la colpiva, proiettando sul muro un’ombra vivida e mutevole. In quel gioco di luci e ombre, la statua sembrava prendere vita, trasformandosi sotto i miei occhi.
Osservavo come la luce modellasse ogni dettaglio, esaltando la pulizia delle linee che mi ricordava le fotografie in bianco e nero. In quel momento, la statua non era più solo marmo, ma un entità viva, dialogante con lo spazio e la luce. Quell’ombra proiettata sul muro, effimera e incantevole, era essa stessa un’opera d’arte, una compagna silenziosa che emergeva e svaniva con il cambiare della luce.
Non potei resistere al desiderio di catturare quell’istante con la mia fotocamera. Quella fotografia, ora, è l’unico testimone di quel momento fugace, un ricordo fisso di qualcosa che è già cambiato, spostato, forse anche scomparso. La statua, una volta tornata al suo luogo originario, avrebbe perso quell’ombra particolare, quel dialogo intimo con la luce che avevo avuto la fortuna di testimoniare.
Quest’esperienza mi fece riflettere sul ruolo del fruitore nell’arte. Una scultura, una volta completata, inizia una nuova vita, un percorso che si discosta spesso dalle intenzioni originarie dell’artista. È lo sguardo di chi osserva a infonderle nuova linfa, a scoprire in essa significati nascosti, legati al proprio vissuto personale, alle proprie emozioni. L’arte, in questo senso, è un dialogo continuo, un ponte tra l’opera e l’anima di chi la guarda.
Ripensando a quella giornata, mi rendo conto di quanto sia importante non lasciarsi sfuggire questi istanti di bellezza pura, di come l’arte sia capace di trasformare un semplice momento in un’esperienza indimenticabile. Ogni scultura, ogni opera d’arte ha in sé il potere di stupirci, di cambiare il nostro modo di vedere e percepire il mondo, se solo ci fermiamo a osservarla con attenzione e cuore aperto.