Vi ricordate i tempi prima di Internet, quando pensavamo che l’ignoranza fosse solo una questione di accesso limitato alle informazioni? Eravamo così ingenui, così fiduciosi nel potere della conoscenza… e invece eccoci qua, sommersi da un oceano di informazioni e più confusi che mai.
Ma davvero credevamo che bastasse aprire le porte della conoscenza per diventare tutti dei piccoli Einstein? Che sciocchi! Abbiamo dato per scontato che l’umanità, una volta messa di fronte a un’enciclopedia infinita come Internet, avrebbe finalmente abbandonato l’ignoranza come un vecchio cappotto fuori moda. E invece, abbiamo scoperto che il problema non era la mancanza di informazioni, ma l’incapacità cronica di saperle utilizzare.
Internet ha fatto esplodere la nostra bolla di illusione. Siamo passati da “non so, non ho accesso” a “non so, non mi interessa”. La conoscenza è diventata una merce a buon mercato, disponibile a tutti, ma spesso ignorata in favore di meme, fake news e gattini. Il paradosso dell’era digitale è che siamo circondati da dati, ma moriamo di sete di comprensione.
La verità è che Internet ha svelato un’amara realtà: l’ignoranza non è figlia della mancanza di accesso, ma della pigrizia mentale. Siamo bombardati da così tante informazioni che abbiamo perso l’abilità di discernere, di approfondire, di verificare. Ci accontentiamo del titolo, del tweet, del post. Leggiamo solo quello che conferma le nostre idee, chiudendo la mente a qualsiasi confronto.
E poi ci sono i social media, questi magnifici amplificatori di opinioni non richieste. Ogni giorno, ci svegliamo con la sagra del tuttologo: il cugino che si improvvisa virologo, l’amico che diventa esperto di geopolitica dopo aver guardato un documentario su Netflix, la zia che cita fonti più improbabili del mago Otelma. In questo caos, le vere informazioni si perdono, soffocate da un rumore di fondo assordante.
Quindi no, il problema non era l’accesso alle informazioni. Era – ed è – la nostra capacità di gestirle. Perché, diciamolo chiaramente, saper leggere non significa saper capire, e saper capire non significa saper pensare. E pensare, ahimè, richiede uno sforzo che molti non sono disposti a fare.
In conclusione, caro lettore, la prossima volta che ti chiedi perché sembriamo sempre più ignoranti nonostante l’infinita biblioteca digitale a nostra disposizione, ricorda: la colpa non è di Internet. La colpa è nostra. E chissà, magari un giorno troveremo il coraggio di aprire un libro, uno vero, di carta, e di perderci nelle sue pagine senza cercare immediatamente una sintesi su Wikipedia. Ma forse, è solo un sogno.