Nell’antico abbraccio di mura che custodisce l’ARCA, sito nel cuore della Chiesa di San Marco a Vercelli, si celebra la mostra “Il Legno che Canta“, un sincero omaggio all’illustre Maestro Angelo Gilardino. È un luogo dove le corde della chitarra s’intrecciano con i fili della memoria, dove la musica si fa colore, storia, vita. E tra le opere esposte, “L’aratura” di Luigi Steffani non è solo un dipinto, ma un racconto, un seme piantato nella tela che germoglia attraverso i secoli.
Luigi Steffani, artista dal cuore lombardo e dallo spirito europeo, ha lasciato gli studi per dar voce alla terra con i suoi pennelli. Viaggiatore tra le correnti del paesaggismo, ha portato in Italia i sogni romantici di Düsseldorf, Parigi e Londra. La sua “L’aratura” è una tela che parla di lavoro, di sudore, di quotidiana resilienza, dove l’uomo, il cavallo e la natura si fondono in un unico respiro.
In quest’opera si percepisce il pulsare sociale di un’epoca in cui l’arte inizia a specchiare la vita vera delle classi lavoratrici, svelando la loro dignità e bellezza. “L’aratura” diviene così un manifesto visivo dell’umanità, un inno alla semplicità eroica di coloro che, con le loro mani, modellano il futuro della terra che calpestano.
La mostra “Il Legno che Canta”, che intona la sinfonia della vita e dell’opera di Gilardino, vede in “L’aratura” l’eco di una didattica non solo musicale ma vitale, dove l’aratro del contadino simboleggia il lavoro profondo del Maestro: seminare note, coltivare talenti, maturare l’arte della chitarra. Ogni solco sulla terra è come una corda su cui danza una nota, ogni granello di terra che vola via con l’aratro è come un seme di melodia che troverà radici nel tempo.
Ampliando sul sociale, “L’aratura” si carica di simbolismo: è la rappresentazione dell’incessante e faticosa ricerca di progresso, un progresso non solo agricolo ma anche sociale ed educativo. Così come il contadino prepara il terreno per il raccolto futuro, Gilardino ha preparato il terreno culturale, educando generazioni di musicisti e appassionati alla profonda comprensione della musica per chitarra. La sua opera didattica, così come il lavoro dell’agricoltore, è un investimento nel futuro, un lascito di crescita e speranza.
“L’aratura”, in questo contesto, diventa una metafora dell’atto del seminare: sia nel senso letterale del contadino che lavora la terra, sia nel senso figurato del Maestro che semina conoscenza, bellezza e ispirazione. È un legame indissolubile che unisce l’arte visiva e quella musicale, entrambe espressioni di un impegno verso il domani, che nella mostra “Il Legno che Canta” trovano una sublime consonanza.