Audio di approfondimento tratto dalla rubrica “Pillole d’Arte” di Radio Cyberspazio
Nel cuore della storica Abbazia di Sant’Andrea, gioiello di Vercelli fondato oltre 800 anni fa dal Cardinale Guala Bicchieri, si cela un angolo raramente accessibile al pubblico: la Sagrestia, un luogo raccolto, quasi sospeso nel tempo, dove la semplicità dell’arredo svela l’essenza spirituale del luogo. Qui, tra mobili di legno massiccio e un’atmosfera sobria, un pregiato leggio del XVI secolo cattura lo sguardo. Questa struttura finemente intarsiata, un tempo situata nel coro per sorreggere i volumi liturgici, rappresenta il fulcro della sala, affiancata da un antico orologio a pendolo e un moderno orologio da parete, la cui apparente incongruenza riflette la doppia anima della Sagrestia: un luogo vivo, funzionale, ben lontano dall’essere un semplice museo.
Ma è il crocifisso ligneo del XIV secolo, il Chrìstus Patiens, a rappresentare il vero tesoro artistico e spirituale della Sagrestia. Quest’opera suggestiva, carica di sofferenza e pathos, si distingue per la sua espressività drammatica. La sua storia affiora in modo sorprendente: era il 1993 quando, durante i lavori di restauro su un altro crocifisso del Cinquecento, sostenuti dall’antiquario Arturo Dazza, venne fatta una scoperta inattesa. Il restauratore, Eugenio Gritti, storico artigiano la cui bottega a Bergamo è attiva da quattro generazioni, contattò Dazza per annunciargli una scoperta singolare: all’interno del crocifisso del Cinquecento era nascosto un crocifisso ancora più antico, rimasto per secoli intrappolato sotto uno strato di stoffe e colla.
L’aneddoto raccontato dal signor Dazza, colpito dalla curiosa scoperta, aggiunge un tocco di leggerezza alla narrazione: partito con l’intenzione di finanziare il restauro di un unico crocifisso, si trovò di fronte a un impegno raddoppiato! Questa vicenda, carica di ironia e passione per l’arte, svela anche una scelta pragmatica e devota allo stesso tempo: il Chrìstus Patiens originale, ormai segnato dai segni del tempo, venne coperto da un nuovo crocifisso più moderno, adeguato al gusto e alla sensibilità del periodo. Sebbene il desiderio fosse quello di rinnovare l’immagine sacra, l’idea di distruggere il vecchio crocifisso, con il suo significato e la sua sacralità, era impensabile. Così, invece di “buttarlo via”, si scelse di conservarlo al suo posto, inglobandolo all’interno della nuova scultura che ne rispettava l’essenza spirituale, preservandolo come una reliquia nascosta, testimonianza di un’epoca ormai lontana ma ancora viva nel cuore della Sagrestia.
Con il restauro del 1993, i due crocifissi furono finalmente separati: la bellezza autentica del Chrìstus Patiens medievale fu riportata alla luce, mentre le stoffe che lo celavano vennero montate su un nuovo supporto, permettendo così di preservare entrambe le opere.
Nel visitare la Sagrestia, lo sguardo si sofferma anche su altri dettagli, come la scultura gotica di una Madonna, che veglia sopra una porta di accesso a una scala a chiocciola, antica via che conduce al dormitorio dei monaci. La spiritualità e la solennità del luogo avvolgono il visitatore, rendendo ogni oggetto presente, dai mobili alle statue, parte di una narrazione più ampia e intima.
Dalla Sagrestia, si accede poi alla magnifica Sala Capitolare, una delle sale più belle d’Italia, che merita senz’altro una visita dedicata, pronta a svelare un altro capitolo di storia, arte e architettura antica che definisce l’anima dell’Abbazia di Sant’Andrea a Vercelli.
Marco Mattiuzzi
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