Una dedica alquanto insolita, come è insolita la scultura realizzata intorno al 1860/70 da Salvatore Grita (1828-1912) intitolata “Voto Contro Natura“, parte delle collezioni di Palazzo Pitti a Firenze.
Questa scultura rappresenta una figura femminile in abiti religiosi, chiaramente in stato di gravidanza, collocata in un angolo che suggerisce prigionia. Senza la scritta incisa nel basamento, la sua interpretazione potrebbe risultare ambigua. Tuttavia, la dedica incisa è la chiave per comprendere sia l’opera che la personalità di questo artista poco conosciuto.
“Ai protettori e sostenitori del voto contro natura“, recita la scritta. Un monito chiaro e incisivo contro la consuetudine di rinchiudere le ragazze madri nei conventi, enfatizzato dall’ambientazione architettonica spoglia e disperata. Questo urlo contro la consuetudine diviene una dichiarazione di protesta, un grido contro le ingiustizie sociali del tempo.
Salvatore Grita, figlio di una ragazza madre, fu affidato inizialmente a monache di clausura. Questa esperienza dolorosa segna profondamente il suo spirito, alimentando un anticlericalismo che caratterizza molte delle sue opere. Solo in seguito il suo padre naturale, Giovanni, un falegname, lo riconobbe e lo accolse nella sua famiglia, ma i segni di quel passato rimasero indelebili.
Le sculture di Grita sono intrise di un impegno sociale volto a stimolare la riflessione del pubblico. Questo impegno, pur non sempre ben accolto dal mercato dell’arte, si radica in una solida formazione accademica e in un realismo ispirato alla scultura toscana del Quattrocento. Grita non si piega alle mode del mercato privato, preferendo invece incarichi e commissioni pubbliche che gli permettono di perseguire il suo ideale di un’arte educativa e civile.
La scultura “Voto Contro Natura” meriterebbe una collocazione migliore, degna del suo potente messaggio. Questa opera, fotografata a Palazzo Pitti, lascia un segno indelebile in chi ne comprende il significato. L’irruenza del suo messaggio, una critica acuta alla società e alla religione del tempo, rende questa scultura un’icona della protesta sociale e dell’impegno artistico di Grita.