La Potenza del Mito: Nettuno e Anfitrite nella Tempesta di Jacques Jordaens

Un capolavoro di potenza divina e passione mitologica
“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (prima del restauro)
“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (prima del restauro)
Audio di approfondimento tratto dalla rubrica “Pillole d’Arte” di Radio Cyberspazio

Porsi davanti a un dipinto mitologico è come varcare la soglia di un universo parallelo, dove ogni pennellata narra una storia intrisa di emozioni arcaiche e archetipi eterni. Amore, rabbia, desiderio e ambizione si fondono in un crogiolo che rispecchia l’essenza stessa della natura umana. Un’opera d’arte non è soltanto un’immagine da contemplare: è un ponte verso il passato, un dialogo tra le passioni di allora e il sentire di oggi. Il dipinto “Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens ne è un esempio magistrale.

Realizzato intorno al 1648, questo capolavoro fiammingo ci trasporta in una scena mitologica dominata da Nettuno, il dio dei mari, che ha appena domato una tempesta furiosa. In piedi su una conchiglia, accanto alla sua splendida sposa Anfitrite, egli incarna il controllo assoluto delle forze naturali e il desiderio irrefrenabile che la mitologia spesso associa agli dei.


Il contesto della tela e la dilatazione dello spazio

Osservare il dipinto nella sua interezza è fondamentale per coglierne la profondità narrativa. Ma c’è un dettaglio tecnico che non tutti conoscono: ai lati della tela originale sono state aggiunte due sezioni successivamente, ampliando la composizione. Questa modifica ha permesso di “aprire” la scena, dando più respiro agli elementi naturali, come le onde tumultuose e i venti che si scontrano, e spostando l’attenzione dal solo corpo muscoloso di Nettuno a una visione più completa e contestualizzata.

Provate a immaginare l’opera senza queste aggiunte laterali: la tensione sarebbe tutta concentrata sulle figure centrali, privando la scena di quella drammaticità marina che rende l’opera così coinvolgente. Coprendo le sezioni extra con le mani, il dipinto appare quasi “soffocato”, perdendo il suo senso di vastità e caos controllato.

“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (dopo il restauro)
“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (dopo il restauro)

Un “pentimento” svelato dal restauro

Tra le rivelazioni più affascinanti emerse dai recenti restauri c’è il cosiddetto “pentimento”, ovvero una modifica apportata dall’artista durante la realizzazione. Sotto uno strato di vernice, è stato scoperto un Tritone inizialmente dipinto in piedi accanto al cavallo. Questa posizione originaria era in perfetta armonia con la composizione prima dell’espansione laterale. Successivamente, Jordaens lo ha riposizionato in basso, sdraiato, per enfatizzare la maestosità di Nettuno. Tuttavia, il “fantasma” del primo Tritone è ancora visibile, come un segreto lasciato lì a dialogare con noi.

Chissà cosa ne penserebbe Jordaens oggi, sapendo che ciò che aveva deciso di eliminare è tornato in superficie? Forse avrebbe sorriso, forse no. Ma per noi, questa scoperta aggiunge un ulteriore livello di lettura all’opera, trasformandola in un enigma pittorico da decifrare.

“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (Particolare)
“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (Particolare)

Nettuno e Anfitrite: il mito dell’eterna passione

La scena centrale del dipinto vede Nettuno con il tridente in mano, simbolo del suo potere divino di scuotere la terra e dominare le acque. Al suo fianco, Anfitrite è ritratta in tutta la sua bellezza sensuale, con un drappo rosso che il vento solleva delicatamente, rivelandone le forme. Il pittore, con straordinaria abilità, riesce a catturare l’intimità e la tensione erotica del mito: non è difficile immaginare l’effetto che la danza di Anfitrite, nuda e luminosa, deve aver avuto sul dio quando la vide per la prima volta nell’isola di Nasso.

Secondo la tradizione mitologica, Anfitrite era una Nereide o, secondo altre versioni, un’Oceanide. Jacques Jordaens non si limita a raffigurare la sua bellezza fisica; con l’uso del drappo rosso mosso dal vento, suggerisce un’energia selvaggia, quasi divina. Lo sguardo enigmatico della dea sembra sfidare lo spettatore, invitandolo a immergersi nel racconto.

“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (Particolare)
“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (Particolare)

Dettagli mitologici e dinamismo narrativo

La composizione si completa con figure minori che giocano un ruolo essenziale nel creare movimento e profondità. I Tritoni, esseri metà uomo e metà pesce, soffiano nelle loro conchiglie per scacciare la tempesta. I loro gesti vigorosi sono il contrappunto perfetto alla calma sovrana di Nettuno. I cavalli bianchi, con le criniere al vento, aggiungono ulteriore dinamismo alla scena. Particolarmente suggestivo è lo sguardo quasi umano del cavallo in primo piano: un dettaglio che Jordaens utilizza per umanizzare l’animale e intensificare il legame emotivo con lo spettatore.

Infine, le piccole teste dei venti, che soffiano sulle nubi, sono un tocco iconografico tipico della pittura fiamminga e rinascimentale, simbolo del controllo divino sulla natura.

“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (Particolare)
“Nettuno e Anfitrite” di Jacques Jordaens (Particolare)

Un dialogo senza tempo

“Nettuno e Anfitrite” non è solo un capolavoro visivo, ma una finestra su un immaginario collettivo che continua a parlarci attraverso i secoli. Il dipinto ci ricorda che, sebbene i miti appartengano a un passato remoto, le emozioni che evocano sono universali e senza tempo. La bellezza, il potere, il desiderio e il conflitto – elementi centrali nella narrazione mitologica – trovano ancora oggi eco nel nostro vissuto. Jordaens, con la sua maestria, riesce a catturare questa dualità, consegnandoci un’opera che non smette di affascinare e ispirare.

E come spesso accade di fronte a un grande dipinto, non resta che lasciarsi trasportare dal racconto, navigando tra onde di colore, mito e immaginazione.

Marco Mattiuzzi
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