La Pietà Bandini: Un Capolavoro Incompiuto di Michelangelo nel Museo dell’Opera del Duomo

Scopri la struggente bellezza della Pietà Bandini, l'ultima grande opera incompiuta di Michelangelo, esposta a Firenze, tra storia, arte e riflessioni sull'eternità.

Durante una mia visita a Firenze, in un maggio stranamente freddo e ventoso, mi trovai a cercare riparo dal clima imprevisto. Avvolto in una sciarpa acquistata in fretta, varcai la soglia di uno dei musei più affascinanti della città, il Museo dell’Opera del Duomo, con la scusa perfetta per perdermi tra le sue meraviglie. In un giorno così, trascorrere ore davanti alle opere d’arte, senza la fretta di chi attende all’esterno, è una benedizione. Questo museo, ricco di capolavori e di opere meno conosciute, è un vero e proprio scrigno di storia e bellezza, dove ogni sala nasconde tesori inaspettati.

Tra i tanti gioielli del Museo dell’Opera del Duomo, uno in particolare mi catturò l’anima: la Pietà Bandini di Michelangelo. Questa scultura, considerata la penultima opera dell’artista, si erge come un monumento non solo alla maestria tecnica, ma anche alla complessità emotiva di un uomo che, ormai anziano, rifletteva sulla mortalità e sulla propria eredità artistica. Camminando tra le sale del museo, mi sentivo già rapito dalla bellezza di molte altre opere, ma nulla mi aveva preparato all’impatto emotivo che provai varcando la soglia della stanza che ospitava questa Pietà incompiuta.

La Pietà Bandini di Michelangelo

Iniziata attorno al 1546-1547, la Pietà Bandini è stata scolpita per essere collocata in una chiesa romana, dove Michelangelo desiderava essere sepolto. Tuttavia, nel 1555, in un impeto di frustrazione, l’artista mutilò la scultura. Questo gesto di autodistruzione testimonia la complessità della sua relazione con l’opera: Vasari, nelle sue celebri biografie, narra di tre motivi principali che spinsero Michelangelo a distruggere il proprio lavoro. Prima fra tutte, la scarsa qualità del blocco di marmo, duro e pieno di impurità. Poi, la sua perenne insoddisfazione per l’imperfezione che vedeva nelle sue stesse creazioni, e infine, le continue sollecitazioni di un servitore impaziente che lo incitava a terminare l’opera.

Nonostante queste avversità, la scultura è sopravvissuta, seppur mutilata, e fu poi restaurata dal suo allievo, Tiberio Calcagni, che aggiunse la figura di Maria Maddalena alla sinistra. Purtroppo, quest’aggiunta non riuscì a eguagliare la qualità del resto della scultura, risultando sproporzionata rispetto alla composizione originale. Successivamente, la Pietà venne acquistata dallo scultore e architetto Francesco Bandini, da cui prende il nome, per poi passare nelle mani di Cosimo III de’ Medici e infine trovare una dimora stabile nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze nel 1933.

La Pietà Bandini di Michelangelo

Uno degli aspetti più affascinanti della Pietà Bandini è la sua differenza rispetto alle altre Pietà di Michelangelo, come la celebre Pietà Vaticana. Qui, il corpo del Cristo è reso con un peso e una fisicità straordinari. Le figure che lo sorreggono, tra cui Nicodemo, in cui Michelangelo ha scolpito il proprio volto, lottano con la gravità del corpo inerte. È una rappresentazione che sembra mettere in risalto non solo la sofferenza della morte, ma anche la fatica di sorreggere quel corpo divino, carico di significati religiosi e umani. La torsione dei corpi e il movimento delle braccia sottolineano la drammaticità del momento, mentre i volti sembrano accettare serenamente il destino ineluttabile.

Muoversi attorno alla scultura offre un’esperienza immersiva, soprattutto osservando da vicino i segni dello scalpello di Michelangelo sul retro del blocco di marmo. Sono cicatrici visibili, segni tangibili del conflitto interiore che l’artista affrontò negli ultimi anni della sua vita. Il volto di Nicodemo, con la sua espressione riflessiva e malinconica, sembra rappresentare l’anima di Michelangelo stesso, un uomo ormai settantacinquenne che si confronta con la vecchiaia e la morte. In questo dialogo silenzioso tra l’artista e la pietra, si avverte una riflessione profonda sul trascorrere del tempo e sull’impossibilità di fermarlo.

l contesto storico in cui la Pietà Bandini venne realizzata è altrettanto significativo. Erano gli anni del Concilio di Trento, un periodo di grande fermento religioso che enfatizzava il ruolo del corpo di Cristo nella liturgia cattolica. Questo clima si riflette nell’opera, dove il corpo di Cristo non è solo una rappresentazione simbolica, ma diventa fisicamente presente, quasi a voler incarnare il mistero della sua morte e resurrezione.

Il fascino della Pietà Bandini risiede proprio in questa sua natura incompiuta e tormentata, un’opera che, pur mutilata, parla ancora oggi di redenzione, dolore e speranza. Camminare attorno a essa, osservare i dettagli e riflettere sul tormento che attraversava l’anima di Michelangelo, è un’esperienza che va oltre l’estetica. È come se il tempo si fermasse, e si potesse udire, attraverso i secoli, il rumore dello scalpello che colpisce il marmo, accompagnato dal respiro affannato di un uomo che, nell’atto di creare, stava anche cercando di comprendere la propria mortalità.

Marco Mattiuzzi 

By Marco Mattiuzzi

Artista poliedrico, ex docente e divulgatore, ha dedicato anni all'arte e alla comunicazione. Ha insegnato chitarra classica, esposto foto e scritto su riviste. Nel settore librario, ha promosso fotografia e arte tramite la HF Distribuzione, azienda specializzata nella vendita per corrispondenza. Attualmente è titolare della CYBERSPAZIO WEB & STREAMING HOSTING. Nel 2018 ha creato il gruppo Facebook "Pillole d'Arte" con oltre 65.000 iscritti e gestisce CYBERSPAZIO WEB RADIO dedicata alla musica classica. Collabora con diverse organizzazioni culturali a Vercelli, tra cui Amici dei Musei e Artes Liberales.
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