Definire Il Signore degli Anelli una semplice “fiaba” è un errore che sminuisce la complessità e la profondità di un’opera epica che ha rivoluzionato il genere fantasy. La saga di J.R.R. Tolkien è molto più di una raccolta di racconti per bambini con una morale chiara e uno schema narrativo lineare. Al contrario, Il Signore degli Anelli è un’affascinante esplorazione delle sfumature del bene e del male, del sacrificio, del destino e del libero arbitrio, ambientata in un mondo ricco di dettagli e storie millenarie.
Le fiabe tradizionali offrono solitamente un conflitto netto tra bene e male, con personaggi archetipici e una morale esplicita. Tuttavia, la narrazione di Tolkien trascende questi limiti, introducendo personaggi complessi e moralmente ambigui. Figure come Gollum o Boromir incarnano la lotta interna tra la corruzione e la redenzione, rivelando che il male non è sempre una forza esterna da combattere, ma può risiedere nel cuore stesso degli individui. Questi personaggi non sono meri simboli, ma esseri umani tridimensionali che lottano con i propri demoni interiori, rendendo il tema del bene contro il male molto più sfumato e realistico rispetto alla tipica dicotomia delle fiabe.
Inoltre, a differenza delle fiabe, che spesso si svolgono in ambientazioni generiche e poco dettagliate, Il Signore degli Anelli è ambientato in un mondo meticolosamente costruito. La Terra di Mezzo non è solo uno sfondo, ma un personaggio a sé stante, con una storia, una geografia, e culture che influenzano direttamente gli eventi della trama. Tolkien ha creato un mondo vivo, con lingue proprie, miti, e una storia che si estende per migliaia di anni. Questo livello di dettaglio e di coerenza interna è senza precedenti nelle fiabe tradizionali, rendendo Il Signore degli Anelli una narrazione che si avvicina di più a un’opera epica o a un mito moderno.
La struttura narrativa di Il Signore degli Anelli è anch’essa lontana dalla semplicità delle fiabe. La trama è complessa, intrecciata con numerose sottotrame e una moltitudine di personaggi, ciascuno con il proprio arco evolutivo. Il linguaggio utilizzato da Tolkien è ricco, evocativo e poetico, mirato a un pubblico adulto e riflessivo. Le fiabe, al contrario, sono generalmente concise e lineari, progettate per comunicare rapidamente una lezione morale.
Un altro aspetto che distingue Il Signore degli Anelli dalle fiabe è l’assenza di un lieto fine convenzionale. Molte fiabe si concludono con la risoluzione del conflitto principale e la restaurazione dell’ordine, offrendo una chiusura confortante al lettore. Tuttavia, il finale di Il Signore degli Anelli, pur segnato dalla vittoria del bene, è permeato da un senso di perdita e malinconia. Frodo, nonostante abbia portato a termine la sua missione, non può più tornare alla vita semplice che conosceva; il suo viaggio ha lasciato ferite profonde, e la stessa Terra di Mezzo cambia per sempre. Questa conclusione complessa e agrodolce aggiunge una dimensione di realismo emotivo che raramente si trova nelle fiabe tradizionali.
In definitiva, leggere Il Signore degli Anelli come una fiaba significa ignorare la sua portata e la sua profondità. L’opera di Tolkien è un’epopea moderna che esplora le grandi questioni dell’esistenza umana, offrendo una visione ricca e stratificata della lotta tra bene e male, della natura del potere e della speranza nel mezzo della disperazione. Ridurla a una semplice fiaba significa perdere di vista ciò che la rende un capolavoro letterario.