Durante un mio viaggio in Toscana, terra famosa per i suoi paesaggi incantevoli e per il patrimonio artistico senza eguali, mi sono ritrovato a esplorare uno dei luoghi più emblematici della regione: le cave di marmo di Carrara. Queste cave, conosciute in tutto il mondo per il pregiato marmo bianco, sono state la fonte di ispirazione e materiale per i più grandi artisti della storia, da Michelangelo a Bernini. La mia visita, tuttavia, ha assunto una sfumatura inaspettata e moderna, grazie all’incontro con l’opera di OZMO, pseudonimo di Gionata Gesi, un artista pontederese noto come pioniere della Street Art in Italia.
OZMO, formatosi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, ha scelto un luogo carico di storia e significato per dare vita a una sua personale interpretazione della “Genesi”, ispirata al celebre affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina. Ma qui, anziché su una volta celeste, il gesto divino si svolge su una superficie di marmo, all’interno della monumentale cava Galleria Ravaccione, situata nel cuore dei bacini marmiferi di Carrara. Questo spazio, un’immensa cattedrale naturale, ha ospitato nei secoli il lavoro degli scalpellini e ha fornito i blocchi di marmo più puri agli scultori più illustri.
L’opera di OZMO, maestosa nei suoi 160 metri quadrati, si staglia su una parete di marmo bianco, alta 14 metri e larga 11, quasi fosse una finestra sull’eternità. Qui l’artista ha voluto rendere omaggio a Michelangelo, riconnettendo il concetto di creazione divina a quello della creazione umana, in un contesto che non potrebbe essere più appropriato: la cava stessa, frutto del millenario processo naturale che trasforma il carbonato di calcio in compatto marmo, diventa essa stessa un’opera d’arte. Come Michelangelo vedeva la figura già scolpita dentro il blocco, così OZMO riesce a far emergere, attraverso il suo dipinto, l’idea che l’uomo, in qualche modo, collabori con il divino nella creazione.
L’intera regione di Carrara è sinonimo di arte e tradizione. Dall’epoca romana, i blocchi di marmo estratti da queste cave hanno adornato monumenti e chiese, e ancora oggi, la qualità del “marmo statuario” è apprezzata in tutto il mondo per la sua eccezionale purezza. La cava di Ravaccione, resa famosa da Carlo Dell’Amico nel 1963 con l’introduzione della tecnica di escavazione interna, sembra essere la culla perfetta per un’opera che celebra non solo l’arte, ma anche la simbiosi tra uomo e natura. Le stanze immense della cava, con i loro 24.000 metri cubi di vuoto sostenuto da imponenti colonne di marmo, ricordano cattedrali rinascimentali, luoghi dove il tempo sembra arrestarsi e la percezione delle dimensioni si dissolve.
Nell’arte di OZMO si percepisce una forte connessione tra passato e presente. La sua rivisitazione della “Creazione di Adamo” di Michelangelo non è una semplice replica, ma un dialogo tra epoche, un ponte tra l’antico e il contemporaneo. È una riflessione sul ruolo dell’artista come co-creatore, capace di trasformare la materia grezza in qualcosa di sublime, proprio come Dio nel momento in cui dà vita ad Adamo.
Mentre si ammira quest’opera immersa nel silenzio della cava, si viene colti dalla sensazione di far parte di qualcosa di molto più grande. Il marmo, che per millenni è stato plasmato da forze naturali, è stato successivamente estratto e lavorato da mani umane, dando vita a capolavori senza tempo. La creazione, divina o umana che sia, sembra seguire lo stesso percorso, fatto di pazienza, dedizione e ispirazione. La scelta di OZMO di collocare la sua opera in questo contesto non è casuale: è un invito a riflettere sul potere della creazione e sul legame profondo tra l’uomo e la natura.
Attraverso la fusione di arte moderna e tradizione antica, OZMO ci ricorda che ogni blocco di marmo racchiude una storia, un potenziale da svelare. E forse, come suggerisce il suo omaggio a Michelangelo, ogni opera d’arte è un atto di fede, un tentativo di avvicinarsi a qualcosa di eterno e divino.
Marco Mattiuzzi
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