Durante le mie villeggiature nelle incantevoli vallate Bellunesi e nel Sud Tirolo, il mio sguardo è sempre stato catturato da chiese, castelli e monumenti imponenti. Tuttavia, la mia attenzione si è spesso soffermata su un altro tipo di costruzione, meno appariscente ma altrettanto affascinante: i Tabià. Queste strutture, il cui nome deriva dal latino medievale “Tabulatum,” sono caratterizzate da una palizzata di legno che, pur nella loro semplicità, raccontano una storia di ingegno e adattamento umano.
I Tabià si ergono solitamente separati dall’abitazione principale, talvolta collegati ad essa tramite una passatoia sospesa. In alcuni casi, l’abitazione e il Tabià convivono unite, frutto di successivi adattamenti. La loro origine risale alla metà del Quattrocento, anche se la maggior parte di queste costruzioni risale alla fine del XVI e alla metà del XVII secolo. Erano fondamentali per stivare il fieno falciato in alta montagna, destinato a nutrire gli animali durante i lunghi inverni.
Costruiti con pietra locale per i vani abitativi e la stalla, i Tabià utilizzano il legno per il fienile, facilitando così l’aerazione del raccolto. Nei Tabià più piccoli, privi di stalla, un cordolo di pietra evitava il contatto diretto tra il legno e il terreno umido o innevato. La costruzione accurata prevedeva l’uso di incastri sapienti invece dei chiodi di ferro, che con il tempo avrebbero potuto corrodersi. Questa tecnica assicurava una durata secolare, resistendo alle rigide condizioni climatiche delle valli dolomitiche.
Il tetto dei Tabià è coperto con scandole, sottili asticelle di legno disposte a strati sovrapposti come le squame di un pesce, partendo dal colmo fino al margine delle grondaie. L’inclinazione del tetto varia a seconda dell’altitudine e della nevosità del luogo, garantendo la protezione adeguata in ogni stagione.
Non è raro trovare incisioni sulle pareti esterne dei Tabià più antichi: fiori stilizzati, animali, simboli religiosi o la data di costruzione, testimonianze di un passato che ancora vive. Dopo un periodo di abbandono, oggi si assiste a una rivalutazione e conservazione di queste strutture, che vengono spesso riconvertite in affascinanti abitazioni per le vacanze.
Un esempio particolarmente caro di Tabià è quello appartenuto ai miei bisnonni di Falcade Alto. Nonostante possieda solo una piccola parte di questa eredità, lo fotografo con affetto ogni volta che ritorno in quei luoghi. Questo Tabià rappresenta un legame con il mio passato, una connessione con le mie radici che si rinnova ad ogni visita.
I Tabià non sono solo semplici edifici in legno, ma veri e propri tesori nascosti delle Dolomiti, testimoni silenziosi di una tradizione che si perpetua nei secoli, unendo utilità e bellezza in un’armonia perfetta. Visitandoli, si può percepire la storia e l’amore con cui sono stati costruiti, un patrimonio da preservare e valorizzare per le future generazioni.