Audio di approfondimento tratto dalla rubrica “Pillole di Storia” di Radio Cyberspazio
Salem e i suoi fantasmi: un viaggio tra superstizione e controllo sociale
La storia di Salem, con i suoi processi alle streghe, non è solo un capitolo oscuro del passato, ma uno specchio capace di riflettere le dinamiche più profonde e inquietanti dell’animo umano, che si ripresentano ciclicamente, attraversando epoche e confini. Dal Massachusetts puritano del XVII secolo ai regimi contemporanei in Iran e Afghanistan, il bisogno di identificare e perseguitare un “nemico” per preservare l’ordine si dimostra una costante universale.
La fiamma della paura: Salem nel 1692
Siamo nel 1692, in un villaggio che sembra dimenticato dal mondo, ma non dal gelo invernale e dalle ombre della guerra. Salem Village, nel cuore del Massachusetts coloniale, è una comunità puritana, piegata sotto il peso di una fede inflessibile che interpreta ogni evento, dalla carestia alla malattia, come un segno divino o demoniaco.
In questo scenario, bastò poco per trasformare le ansie collettive in un inferno di accuse e persecuzioni. Due giovani ragazze, Betty Parris e Abigail Williams, caddero preda di comportamenti inspiegabili, tra convulsioni e urla. Il medico, incapace di fornire una diagnosi razionale, attribuì il fenomeno a un maleficio. Le prime accusate furono tre donne ai margini della comunità: Tituba, una schiava di origini caraibiche; Sarah Good, una mendicante; e Sarah Osborne, una vedova che sfidava le norme sociali e religiose.
La confessione di Tituba, ottenuta probabilmente sotto tortura, fu l’innesco di un incendio che divorò la comunità. In pochi mesi, più di 150 persone furono accusate di stregoneria. Ventuno di esse trovarono la morte: 19 impiccate, due uccise durante gli interrogatori. Tra queste, spicca la figura tragica di Giles Corey, che preferì morire schiacciato sotto pietre pesanti piuttosto che confessare crimini che non aveva commesso.
Le radici dell’isteria: oltre la superstizione
Dietro le accuse, però, si celava più di un semplice terrore del soprannaturale. Salem era una comunità divisa, segnata da dispute sui confini delle proprietà, rivalità religiose e tensioni economiche. La stregoneria divenne un’arma politica e sociale, uno strumento per risolvere rancori personali e consolidare il potere di una leadership teocratica.
Solo alla fine del 1692, il governatore William Phips decise di intervenire, sciogliendo il tribunale speciale e ponendo fine ai processi. Ma il danno era fatto: l’episodio rimase un simbolo di ingiustizia e della potenza distruttiva dell’isteria collettiva.
Salem nel presente: un eco inquietante
Oggi, Salem è una meta turistica, un luogo che trasforma la tragedia in spettacolo, con musei e rievocazioni. Tuttavia, la storia delle streghe non appartiene solo al passato: i suoi insegnamenti risuonano ancora, avvertendoci dei pericoli di un’ideologia che demonizza la diversità.
In Iran, la morte di Mahsa Amini, arrestata per non aver indossato correttamente il velo, ha scatenato proteste globali, ricordandoci come l’intransigenza ideologica possa trasformarsi in repressione sistematica. Similmente, in Afghanistan, il regime talebano utilizza accuse di immoralità per controllare le donne, vietando loro di lavorare o studiare.
In entrambi i casi, come a Salem, il potere si alimenta della paura, costruendo una narrativa in cui il “male” è rappresentato da chi si discosta dalle norme imposte. Le accuse, spesso infondate, diventano strumenti di controllo sociale e soppressione del dissenso.
Un monito senza tempo
I processi di Salem non sono solo una vicenda storica, ma un monito universale. Ci ricordano quanto sia pericoloso cedere alla paura e abbandonare la ragione. Come società, dobbiamo vigilare contro le derive che identificano il “diverso” come minaccia, coltivando invece la tolleranza e il dialogo.
La caccia al male, reale o immaginario, è un percorso insidioso che può condurre alla distruzione di ciò che abbiamo di più prezioso: la nostra umanità. E se Salem oggi è un museo, è perché il passato non venga sepolto, ma continui a parlarci, ammonendoci contro i fantasmi che ogni epoca rischia di evocare.
Marco Mattiuzzi
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