Nel cuore dell’inverno, quando le giornate si fanno più brevi e il freddo si insinua tra le pieghe delle vesti, la memoria collettiva si rivolge a una narrazione di innocenza perduta e di crudeltà storica: il Massacro degli Innocenti. Il 28 dicembre, la Chiesa commemora questi piccoli martiri, vittime della furia di un re che la storia non ha scordato.
Questa vicenda, così cupa eppure così ricca di significati, ha ispirato generazioni di artisti, che hanno impresso sulla tela e nella pietra il loro personale grido contro l’ingiustizia. Non c’è bisogno di simboli o di allegorie per riconoscere il tema: la scena parla da sé, con un linguaggio universale di dolore e di compassione.
Tra le interpretazioni più toccanti, spiccano quelle di Peter Paul Rubens, il cui pennello ha saputo catturare l’essenza del terrore e della disperazione in due opere quasi omonime, conservate in Canada e in Germania. La sua visione, cruda e senza filtri, ci costringe a non distogliere lo sguardo, a confrontarci con la fragilità della vita e la follia del potere.
Anche il Tintoretto, con la sua “Strage degli innocenti” custodita a Venezia, ci invita a riflettere sulla tragedia attraverso un tumulto di corpi e di espressioni che quasi sembrano uscire dalla tela, mentre Cornelis van Haarlem, nel silenzio del suo museo olandese, ci narra la stessa storia con un realismo altrettanto palpabile.
Ma è forse Giotto, con la sua rappresentazione nella Cappella degli Scrovegni a Padova, che ci offre uno sguardo più intimo e personale, dove ogni figura sembra avere una storia da raccontare, un destino interrotto che possiamo solo immaginare.
E poi ci sono le sculture, quelle del Sacro Monte di Varallo, dove il marmo e la terracotta prendono vita sotto le mani di artisti come Giacomo Paracca Bargnola e Michele Prestinari, e gli affreschi di Giovanni Battista della Rovere, che insieme creano un mosaico di emozioni scolpite nel tempo.
Queste opere, pur nella loro diversità di stile e di epoca, condividono un filo rosso che le unisce: la capacità di toccare l’anima di chi le osserva, di evocare sentimenti profondi e di stimolare una riflessione che va oltre la superficie dell’immagine. Sono finestre aperte su un passato lontano, ma anche specchi in cui possiamo vedere riflessi i conflitti e le tragedie del nostro tempo.
Attraverso queste creazioni, l’arte si fa testimone e memoria, veicolo di un messaggio che, nonostante i secoli, non ha perso la sua urgenza. E noi, osservatori in un museo o pellegrini di fronte a un’antica cappella, ci troviamo di fronte a una scelta: voltare pagina o fermarci a riflettere, lasciando che quelle immagini ci parlino e ci guidino in un viaggio interiore che è, in fondo, il vero scopo di ogni vera opera d’arte.