Berthe Morisot: l’intimità femminile nell’Impressionismo
La mostra Impression, Morisot, ospitata negli eleganti spazi dell’Appartamento del Doge a Genova, si presenta come un viaggio avvolgente nell’universo delicato di Berthe Morisot, l’unica donna a partecipare alla storica esposizione impressionista del 1874. In un panorama artistico dominato da figure maschili come Monet, Renoir e Degas, Morisot si afferma con una voce distinta e profondamente femminile, tracciando nei suoi dipinti un percorso che intreccia arte, affetti familiari e uno sguardo unico sulla vita moderna.
Fin dall’ingresso nella mostra, si percepisce come il fil rouge che lega le opere esposte sia la sensibilità tutta femminile con cui Morisot indaga il mondo circostante. Il suo non è uno sguardo distante o freddamente analitico, ma un osservare partecipe, empatico, che trasforma l’ordinario in poesia visiva. L’attenzione verso l’infanzia, la maternità e le relazioni familiari non è semplice scelta tematica: è la chiave per comprendere l’anima più profonda della sua arte.
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L’infanzia come luogo dell’innocenza e della memoria
Morisot esplora il tema dell’infanzia con una tenerezza disarmante, evitando qualsiasi idealizzazione retorica. Le sue tele dedicate alla figlia Julie Manet e alle giovani nipoti, come Jeanne Pontillon, trasmettono la fragilità e la vitalità dell’età infantile attraverso pennellate libere e luminose. La piccola Julie diventa la musa privilegiata della madre, immortalata in momenti di gioco, lettura o semplice contemplazione. La scelta di ritrarre sua figlia non è soltanto affettiva: è la dichiarazione di un’arte che si nutre dell’intimità familiare, che coglie il fluire della vita domestica e lo eleva a soggetto artistico.
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In questo senso, Morisot trova un’inaspettata sorella d’arte in Julia Margaret Cameron, fotografa vittoriana e sua quasi contemporanea, che con l’obiettivo catturò l’essenza dell’infanzia e la dolcezza dei legami familiari. Anche Cameron usava spesso come modelli i propri figli, nipoti e amici, valorizzando nei suoi ritratti la spontaneità e l’innocenza, proprio come Morisot faceva con il pennello. Entrambe le artiste, sebbene operassero in ambiti diversi — la pittura l’una, la fotografia l’altra — condividono la medesima urgenza di raccontare la dimensione affettiva dell’esistenza, svincolandosi dagli stereotipi del loro tempo.
C’è, in entrambe, quella tensione verso il “non finito” che rende l’immagine vibrante e viva: le fotografie sfocate di Cameron e le pennellate fluide e leggere di Morisot inseguono la stessa verità poetica, più interessata all’anima che alla mera somiglianza.
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L’arte come spazio di grazia e leggerezza
Il tratto distintivo della pittura di Morisot è la capacità di rendere l’effimero, di catturare l’impercettibile gioco della luce sulla pelle o la trasparenza di un tessuto al vento. Le sue figure femminili, spesso giovani ragazze o bambine, sembrano sospese in una dimensione di grazia e di intimità, lontane dalle tensioni del mondo esterno.
Le sale della mostra evidenziano come Morisot abbia fatto dell’incompiuto una cifra stilistica: la rapidità del tocco e l’uso di colori pastello conferiscono ai volti e agli ambienti un aspetto etereo e al contempo vibrante. Si percepisce qui una sorta di affinità elettiva con la sensibilità letteraria di Lewis Carroll, che in Alice’s Adventures in Wonderland rese l’infanzia un luogo di mistero e immaginazione. Se Carroll esplora il potenziale onirico e filosofico del mondo infantile, Morisot ne celebra la delicatezza e la spontaneità, facendo dell’infanzia non solo un soggetto pittorico ma una metafora della purezza emotiva.
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Uno sguardo femminile tra intimità e modernità
L’importanza del legame familiare è centrale nell’opera di Morisot, ma ciò non limita la portata universale del suo messaggio. Anzi, l’artista riesce a trasformare la sfera privata in uno specchio della modernità parigina: i suoi interni borghesi, i giardini in fiore, le terrazze soleggiate diventano teatri di scene intime, che catturano la poesia della vita quotidiana.
Questo sguardo, però, non è mai voyeuristico o distaccato. Morisot partecipa emotivamente alle sue scene, conferendo ai suoi dipinti una delicatezza narrativa che è raro riscontrare nei colleghi impressionisti. L’attenzione ai dettagli — un fiore, un nastro, uno sguardo sfuggente — diventa veicolo di emozioni silenziose, quasi sussurrate.
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Arte femminile o sguardo universale?
Sovente si tende a leggere l’arte delle donne come un linguaggio “divergente”, più delicato, più intimo. Tuttavia, etichettare la sensibilità di Morisot come esclusivamente femminile rischia di ridurne la portata artistica. Se è vero che le sue scelte tematiche pongono l’accento su dinamiche familiari e sul mondo dell’infanzia, è altrettanto vero che la sua ricerca formale e la capacità di cogliere l’essenza del quotidiano si inseriscono nella tematica propria dell’Impressionismo, contribuendo a ridefinirne i confini.
Questa mostra, con la sua attenta selezione di opere e i percorsi tematici, restituisce non solo l’immagine di un’artista raffinata e innovativa, ma anche di una donna che, attraverso l’arte, ha saputo esprimere la complessità dei sentimenti e la bellezza dell’effimero.
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E proprio in questo sguardo che coglie la grazia nell’effimero, la fragilità nell’infanzia e la poesia nel quotidiano, Berthe Morisot si fa portavoce di una sensibilità che trascende il genere e si fa universale. La sua arte non è solo testimonianza di una femminilità gentile e riflessiva, ma anche di una profonda consapevolezza della condizione umana, fatta di legami, affetti e momenti fugaci che solo l’occhio dell’artista sa eternare.
In definitiva, la mostra a Palazzo Ducale non celebra semplicemente una pittrice impressionista, ma racconta il percorso di una donna che ha saputo affermarsi in un mondo d’arte dominato dagli uomini, scegliendo però di non alzare la voce, ma di sussurrare con grazia le verità più profonde dell’esistenza.
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In questo sguardo attento e delicato verso l’infanzia e i legami familiari, Morisot si affianca idealmente a figure come Julia Margaret Cameron e Lewis Carroll: tutti accomunati da una tensione poetica che vede nei bambini non solo soggetti ritratti, ma simboli di purezza, immaginazione e verità.
E così, attraversando le sale della mostra, ci si accorge che l’essenza dell’Impressionismo di Morisot non sta solo nella sua maestria tecnica o nella libertà del colore, ma in quella capacità di cogliere il battito lieve della vita, in tutte le sue forme più intime e fragili. Un’arte che, ancora oggi, ci parla con sussurrata intensità.
Marco Mattiuzzi
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