Audio di approfondimento tratto dalla Rubrica “Pillole d’Arte” di Radio Cyberspazio
Ogni incontro con l’arte è unico, ma poche opere riescono a catturare l’anima come “Dedalo e Icaro” di Antonio Canova, esposta con orgoglio al Museo Correr di Venezia. Durante una mia visita a questo museo, l’aver fotografato quest’opera in prima persona ha intensificato la mia connessione con il capolavoro: uno scrigno di emozioni che merita una narrazione rinnovata.
Antonio Canova scolpì “Dedalo e Icaro” nel 1779, all’età di soli 22 anni, su commissione del senatore Pietro Pisani. Sebbene sia una delle sue prime opere, il livello di maturità stilistica e concettuale è straordinario, rivelando una profondità che lascia senza parole. La scultura, che trae ispirazione dal mito classico, narra la celebre fuga di padre e figlio: Dedalo, geniale inventore, costruisce ali di penne e cera per sfuggire alla prigionia. Ma l’entusiasmo imprudente di Icaro lo conduce troppo vicino al sole, causando lo scioglimento della cera e la sua tragica caduta.
Canova reinterpreta il mito come un tributo personale al proprio nonno, rappresentato nella figura di Dedalo. Dopo la prematura scomparsa del padre, fu infatti il nonno a crescere il giovane Canova, trasmettendogli la passione per l’arte e sostenendolo, nonostante le difficoltà economiche, fino a permettergli di studiare a Venezia. In Dedalo, si legge la tensione di un uomo che lotta per garantire un futuro al figlio, consapevole delle incertezze che il “volo” potrebbe comportare.
L’emozione dell’incontro: tra simbolismo e realtà
Trovarsi di fronte a quest’opera dal vivo è un’esperienza che tocca corde intime. Lo sguardo di Dedalo, con le sopracciglia aggrottate e la concentrazione assoluta, trasmette la responsabilità di chi prepara il proprio figlio per il mondo. Al contrario, Icaro irradia una leggerezza adolescenziale, incosciente del pericolo. La nudità del giovane non è solo fisica: rappresenta la fragilità e la purezza di chi si affaccia alla vita, un corpo pronto a spiccare il volo.
Canova riesce a creare un equilibrio perfetto tra tensione emotiva e armonia visiva. Le due figure sono poste ai margini della base marmorea, lasciando un vuoto centrale che simbolizza lo spazio tra due generazioni: il carico della maturità e la leggerezza della giovinezza. L’abbraccio che unisce padre e figlio si carica così di una dolcezza struggente, un gesto che è protezione, ma anche inevitabile distacco.
Dettagli che incantano
La scultura si distingue per il suo raffinato gioco di contrasti. Il corpo curvo e teso di Dedalo parla di esperienza, fatica, angoscia. Al contrario, Icaro, eretto e rilassato, sembra ignorare la gravità del momento. Ogni dettaglio è scolpito con una maestria tecnica che sorprende, considerando che Canova aveva solo 22 anni al momento della sua creazione.
Il marmo si fa carne, vita, emozione: si percepiscono la tensione dei muscoli, la consistenza della pelle, il dramma silenzioso che scorre tra i due protagonisti. Anche il vuoto tra le figure è carico di significato, amplificando l’intensità del legame e il senso di separazione imminente.
L’arte che parla al cuore
“Dedalo e Icaro” non è solo un’opera d’arte: è un racconto universale. Che si tratti del sacrificio di un nonno, delle speranze di un genitore, o delle ambizioni di un giovane artista, la scultura parla a chiunque si soffermi a osservarla. Visitare il Museo Correr e contemplare quest’opera dal vivo significa immergersi in una narrazione senza tempo, dove mito, storia personale ed emozione si intrecciano in un unico capolavoro.
Che siate appassionati d’arte o semplici curiosi, lasciatevi catturare dalla bellezza di quest’opera. Vi sfido a non provare un brivido davanti a tanta perfezione.
Marco Mattiuzzi
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