Audio di approfondimento tratto dalla rubrica “Pillole d’Arte” di Radio Cyberspazio
Le Naiadi di Gioacchino Pagliei: Tra Mitologia e Studio del Nudo nell’Ottocento
Nel 1881, Gioacchino Pagliei, raffinato pittore italiano del tardo Ottocento, presentò a Milano, durante l’Esposizione Nazionale di Belle Arti, un dipinto monumentale raffigurante due Naiadi adagiate su una conchiglia, incorniciate da una pozza d’acqua cristallina. Questo capolavoro, di dimensioni impressionanti (210×145 cm), riscosse un successo tale da spingere l’artista a creare una seconda versione l’anno seguente, più contenuta nelle dimensioni (162×110 cm) ma altrettanto fedele nei dettagli e nella composizione.
Le Naiadi, figure mitologiche associate alle acque dolci, incarnano purezza, giovinezza e fertilità. La loro iconografia evolve nel tempo: inizialmente vestite, con dettagli simbolici come gusci o corni da cui sgorga acqua, divengono progressivamente rappresentate nude, enfatizzando la loro natura legata alla purezza delle sorgenti. Tuttavia, il titolo “Naiadi” attribuito al dipinto di Pagliei potrebbe rivelarsi inesatto. La presenza di elementi tipici delle coste, come conchiglie e gabbiani, suggerisce piuttosto la raffigurazione di Nereidi, ninfe marine. Questo dettaglio apre un affascinante dibattito sull’intenzione dell’artista e sull’interpretazione dell’opera.
Tra Mito e Seduzione Artistica
Pur essendo noto per scene religiose e di genere, Pagliei si avventura qui in un territorio dominato da sensualità e classicismo, unendo la tradizione mitologica a un evidente studio del nudo femminile. La posa delle Naiadi, morbida e armoniosa, si inserisce nella scia di grandi maestri ottocenteschi come Lawrence Alma-Tadema, Frederick Leighton e William-Adolphe Bouguereau, che utilizzavano ambientazioni classiche come cornice per celebrare la grazia e la bellezza del corpo umano.
Non è un caso che molti artisti dell’epoca si avvalessero delle innovazioni della nascente fotografia per studiare i dettagli anatomici. Le somiglianze tra le due versioni del dipinto di Pagliei, verificabili attraverso strumenti moderni come Photoshop, suggeriscono che l’artista possa aver utilizzato riproduzioni fotografiche per garantire la precisione del modellato. Del resto, il mercato delle fotografie di nudo, inizialmente concepito per artisti, era già fiorente e non privo di controversie.
Il Fascino Senza Tempo delle Naiadi di Pagliei
Al di là delle disquisizioni tecniche o iconografiche, ciò che rende memorabili le Naiadi di Pagliei è la loro straordinaria capacità evocativa. I corpi delle ninfe emergono dalla tela come visioni oniriche, incorniciati da pennellate che catturano la luce e la delicatezza della pelle. Lo spettatore è invitato a perdersi nei dettagli, dalle chiome fluide come onde agli sguardi sereni, simbolo di una bellezza sospesa tra realtà e sogno.
La scelta di riprodurre una seconda versione dell’opera, con varianti minime nei colori e nei contorni, testimonia il fascino irresistibile che queste figure esercitarono sul pubblico dell’epoca. Pagliei non era solo un pittore, ma un narratore visivo che sapeva intrecciare mito e modernità, tradizione e innovazione.
Oggi, i suoi dipinti ci invitano a riflettere non solo sul rapporto tra arte e mitologia, ma anche sullo sguardo dell’artista verso il corpo femminile, nonché sul ruolo della tecnica – fotografia inclusa – nella creazione di opere destinate a sfidare il tempo. Le Naiadi restano un esempio luminoso di come l’arte ottocentesca fosse capace di dialogare con il passato e, al contempo, di anticipare le sfide del futuro.
Marco Mattiuzzi
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