L’onda lunga della violenza che scorre attraverso la nostra società sembra trovare un ostacolo invalicabile nelle pareti di cristallo delle istituzioni che dovrebbero combatterla. Un sistema di protezione, un’armatura d’oro, circonda coloro che detengono il potere di apportare cambiamenti, creando un divario sempre più ampio tra i protetti e i vulnerabili.
La questione è tanto semplice quanto amara: chi non vive la violenza nella sua crudezza quotidiana, chi non sente sulla propria pelle il freddo taglio della paura, può realmente capire la necessità di un intervento deciso e immediato? I parlamentari, i giudici, i grandi “decision makers” della nostra società vivono in una realtà sovraprotetta, dove i contorni della violenza si smussano, si trasformano in numeri e statistiche, perdono il volto delle vittime e l’eco dei pianti.
Eppure, per chi si sveglia ogni mattina e prende il treno per andare a lavorare, per chi torna a casa di notte lungo strade scure e deserte, per chi vive nella paura di un’aggressione inaspettata o di una violenza domestica, la realtà è ben diversa. Il pericolo non è un’astrazione lontana, ma una minaccia concreta, palpabile, un’ombra costante che oscilla sul filo della normalità.
Di fronte a tutto questo, il sistema giudiziario sembra sordo e impotente. Un labirinto burocratico che, con le sue norme complesse e spesso antiquate, sembra più orientato a proteggere i diritti dei violenti piuttosto che delle vittime. Troppo spesso vediamo criminali violenti evitare la giustizia grazie a tecnicismi legali o leggi obsolete, mentre le vittime sono lasciate a fare i conti con il trauma e l’impunità.
Questo non può e non deve continuare. È necessario un cambio di paradigma, una presa di coscienza collettiva che spinga a rivedere le nostre leggi e le nostre politiche in materia di violenza. Chi detiene il potere deve uscire dalle mura dorate delle loro torri e immergersi nella realtà cruda e nuda delle strade, dei treni, dei supermercati.
Non è un compito facile. Richiede coraggio, empatia e determinazione. Ma se vogliamo costruire una società più sicura, più equa, più umana, dobbiamo affrontare la questione con serietà e urgenza. Dobbiamo smettere di nasconderci dietro la comodità dell’ignoranza e affrontare la dura verità: fino a quando le vittime della violenza non saranno protette con la stessa foga con cui proteggiamo i violenti, non potremo mai sperare di sradicare il male che ci minaccia.